Cardillac è la storia di un’ossessione, quella di un artista incapace di staccarsi dalle proprie creazioni arrivando all'emarginazione, all'omicidio e al linciaggio del popolo/pubblico. Paul Hindemith compose l'opera influenzato dai capolavori tragici dell'espressionismo tedesco: le atmosfere cupe e tenebrose di una Parigi in preda a continui omicidi sono facilmente accostabili alle spigolose ambientatazioni in bianco e nero di Das Cabinet des Dr. Caligari, e la stessa pazzia di Cardillac è un delirio portato all'esagerazione, oltre la morte. Cardillac è un orafo, ma più che un artigiano che produce oggetti di consumo si sente un artista, un creatore; la sua furia omicida sembra colpire chi considera i suoi gioielli come come mezzi di distinzione sociale o di seduzione, incapaci di comprendere il loro valore artistico: il diverso valore delle opere per il loro creatore e per coloro che le acquistano è il nodo centrale dell'opera di Hindemith.
Cardillac
Opera in tre atti e quattro scene
Libretto di Ferdinand Lion da Das Fräulein von Scuderi di E.T.A. Hoffmann
Musica di Paul Hindemith
Prima rappresentazione: 9 novembre 1926 al Semperoper di Dresda
ATTO I
Una serie di omicidi irrisolti allarmano il popolo di Parigi ai tempi di Luigi XIV: un agente di polizia cerca di calmare la folla e promette di fare di tutto per trovare gli assassini che colpiscono ci acquista i gioielli dell'orafo Cardillac. Una dama promette a un giovane gentiluomo il suo amore se costui gli porterà un diadema dell'orafo parigino. Il cavaliere le porta una parure raffinata, ma la stessa notte è ucciso da un uomo mascherato che si dilegua con il gioiello.
ATTO II
Il mercante d'oro parla con Cardillac dell'ultimo omicidio e decide di seguirlo di nascosto: ha dei sospetti sugli omicidi. La figlia di Cardillac, che vive chiusa in casa, è innamorata di un giovane ufficiale, cui si è già fidanzata all'insaputa del padre. Cardillac riceve la visita del re Luigi XIV e della sua corte, che supplica di non prendere nulla dei suoi lavori; dopo stringe a sé il gioiello sottratto la sera precedente al cavaliere dopo averlo ucciso. Arriva il giovane ufficiale, che chiede a Cardillac la mano della figlia; lui accetta ridendo, sollevato che non chieda uno dei suoi monili, ma l'ufficiale insiste per comprare una catena d'oro nonostante le velate minacce dell'orafo.
ATTO III
Cardillac tenta senza successo di uccidere l’ufficiale, che porta al collo la catena. Denunciato alla folla dal commerciante, che a sua volta lo stava spiando, Cardillac viene salvato a sorpresa dallo stesso giovane, impressionato dalla profonda passione che lo anima. Il popolino vuole farsi giustizia e minaccia di assaltare il laboratorio dei gioielli maledetti di Cardillac, il quale, piuttosto che vedere profanato i propri lavori, preferisce confessarsi colpevole. Con coraggio e senza pentirsi, l’orafo si lascia linciare dalla folla, prima che l’ufficiale, impietosito, possa fermarla.
FABIO LUISI
Nato a Genova, attualmente Direttore stabile (General Music Director) al Teatro dell’Opera di Zurigo e Direttore Principale della Danish National Symphony Orchestra di Copenaghen,
è il Direttore Musicale del Maggio Musicale Fiorentino dall’aprile 2018. Dal 2011 al 2017 è stato Direttore Principale del Metropolitan Opera House di New York, nonché Direttore Principale dei Wiener Symphoniker (2005-2013), della Staatskapelle di Dresda (2007-
2010), dell’Orchestre de la Suisse Romande a Ginevra (1997-2002), dell’Orchestra del Mitteldeutscher Rundfunk di Lipsia (1999-2007) e dei Tonkünstler di Vienna (1995-2000). Dal 2015 è Direttore Musicale del Festival della Valle d’Itria a Martina Franca, un Festival al quale è stato legato fin dagli inizi della sua carriera. Dirige stabilmente nei maggiori Teatri d’opera del mondo (Teatro alla Scala di Milano, Covent Garden di Londra, Opéra di Parigi, Liceu di Barcellona, Bayerische Staatsoper di Monaco, Lyric Opera di Chicago) ed è ospite delle migliori orchestre (fra cui, Cleveland Orchestra,
Philadelphia Orchestra, San Francisco Symphony, Concertgebouw Orkest, London Symphony Orchestra, Wiener Philharmoniker, Filarmonica della Scala, NHK Orchestra Tokyo). Ha al suo attivo numerose registrazioni, fra cui l’integrale delle Sinfonie di Robert Schumann, di Arthur Honegger e di Franz Schmidt, poemi sinfonici di Richard Strauss, opere di Verdi, Bellini, Donizetti, Rossini, Strauss, Wagner e Berg. Per il DVD di Siegfried e Götterdämmerung con i complessi del Metropolitan di New York ha vinto un Grammy Award e ha ricevuto numerose onoreficenze, fra le quali il premio Abbiati, l’Anello d’oro dedicato ad Anton Bruckner dei Wiener Symphoniker, il Grifo d’Oro della città di Genova, la Laurea honoris causa dell’Università di San Bonaventure (Stati Uniti), l’Ordine della Repubblica Austriaca per Scienze ed Arti. È Cavaliere della Repubblica Italiana e Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia.
VALERIO BINASCO
Regista e attore piemontese, Direttore artistico del Teatro Stabile di Torino dal 1° gennaio 2018, è uno dei più affermati e premiati artisti della scena teatrale italiana. Nel corso della sua carriera ha realizzato un progetto artistico ben connotato e articolato in tre ambiti, nei quali ha coniugato la ricerca e il rigore con uno stile registico sempre capace di entrare in relazione con il pubblico: si è distinto infatti sia per la rilettura innovativa e originale dei grandi titoli del repertorio, sia per l’attenzione alla drammaturgia e ai temi della contemporaneità, sia infine per la formazione e la valorizzazione dei giovani talenti, come testimonia la sua vocazione didattica esercitata alla Scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova, all’Accademia Nazionale Silvio D’Amico di Roma, alla Scuola Civica Paolo Grassi di Milano e alla Scuola per attori dello Stabile di Torino. In qualità di regista, da molte stagioni viene regolarmente invitato a produrre o viene ospitato dai maggiori teatri stabili pubblici e privati italiani e dai più importanti festival. Valerio Binasco si è formato alla Scuola di recitazione dello Stabile di Genova dove si è diplomato nel 1988 e dove ha debuttato come attore, prendendo parte a diverse produzioni dirette da Marco Sciaccaluga. Quindi ha incontrato Carlo Cecchi, che lo ha scelto per l’Amleto prodotto dal Festival dei Due Mondi di Spoleto. È poi stato protagonista, a Genova, di Re cervo di Gozzi e di Ivanov di Čechov e ha collaborato con Franco Branciaroli in vari spettacoli, tra cui Antigone di Sofocle, I due gemelli veneziani di Goldoni, La bisbetica domata e Re Lear di Shakespeare, L’ispettore generale di Gogol’. In seguito è tornato a lavorare con Cecchi, prendendo parte a Finale di partita di Beckett (Premio Ubu 1995 come miglior spettacolo italiano e migliore regia), a La serra di Pinter e alla Trilogia Shakespeariana: Amleto (nel ruolo di Amleto, per il quale ha ricevuto il premio Linea d’ombra e il Premio Ubu 1998 come migliore attore emergente), Sogno di una notte di mezza estate e Misura per Misura. In quegli stessi anni è iniziata la sua attività nella regIa con Bar di Spiro Scimone per il Festival di Taormina e in seguito al Teatro di Genova per La bella regina di Leenane di Martin McDonagh, mentre per il Teatro Stabile di Firenze è stato regista e interprete di Tradimenti di Pinter. Da allora ha firmato regie per i maggiori teatri di prosa italiani, fra cui lo Stabile di Roma (Il gabbiano di Čechov, recitando anche nel ruolo di Trigorin e E la notte canta di Jon Fosse); lo Stabile di Parma (Festen di Vinterberg e di Cara professoressa di Ludmilla Razumovskaja - Premio Ubu 2003 come migliore novità straniera); lo Stabile di Firenze (Ti ho sposato per allegria della Ginzburg e Sarto per signora di Feydeau); il Festival D’Automne di Parigi e il Festival di Gibellina (Il dio di Roserio di Testori e Il cortile di Scimone); lo Stabile di Genova (La chiusa di Conor McPherson - Premio Ubu 2006 come nuovo testo straniero e Premio della Critica 2006 come miglior spettacolo, Qualcuno arriverà di Jon Fosse e La cucina di Arnold Wesker); il Teatro Eliseo di Roma (Noccioline di Fausto Paravidino, Un giorno d’estate di Fosse, L’intervista e È stato così della Ginzburg e Romeo e Giulietta di Shakespeare - Premio Ubu come miglior regia); il Teatro della Tosse di Genova (Sonno di Fosse - Premio della Critica 2010); la Fondazione Teatro Due di Parma (John e Joe di Agota Kristof) e il Metastasio di Prato (Porcile di Pasolini). Come attore è stato Cal in Negro contro cani di Kòltes, regia di Giampiero Solari e Polinice in Edipo a Colono di Sofocle, diretto da Mario Martone per lo Stabile di Roma (Premio ETI Ente Teatrale Italiano - Gli Olimpici del Teatro come migliore attore non protagonista e Premio Ubu). Nel 2012 ha fondato la Popular Shakespeare Kompany, compagnia indipendente impegnata, al Teatro Romano di Verona e in collaborazione con lo Stabile di Prato, nella Tempesta di Shakespeare. Nel 2013, in coproduzione con lo Stabile di Torino, ha firmato la regia del Mercante di Venezia e l’anno successivo de Il bugiardo di Goldoni per il Teatro di Verona; nel 2017 ha debuttato al Festival di Siracusa, su invito di Roberto Andò, con Le Fenicie di Euripide. Negli ultimi anni Binasco ha intensificato i suoi rapporti con lo Stabile di Torino, firmando la regia di tre produzioni: Filippo di Vittorio Alfieri (con lo stesso Binasco nel ruolo del titolo), Il mercante di Venezia di Shakespeare e Sogno d’autunno di Fosse e presentando altri importanti lavori (Romeo e Giulietta e La tempesta di Shakespeare, Il bugiardo di Goldoni, È stato così e L’intervista della Ginzburg). Nella Stagione 2017/2018 firma, sempre al Carignano, la prima produzione da Direttore artistico dello Stabile torinese, Don Giovanni di Molière. Significativa è anche l’attività cinematografica, che ha visto Binasco recitare in film di qualità, diretto da Gianluca Maria Tavarelli (Qui non è il paradiso, 2000 e Non prendere impegni stasera, 2006), Guido Chiesa (Lavorare con lentezza, 2004), Cristina Comencini (La bestia nel cuore, 2005), Fausto Paravidino (Texas, 2005), Ferzan Ozpetek (Un giorno perfetto, 2007), Mario Martone (Noi credevamo, 2009 e Il giovane favoloso, 2014), Alina Marazzi (Tutto parla di te, 2011) e Claudio Cupellini (Alaska, 2015), nonché firmare come regista Keawe (2005). Nel 2005 Binasco ha ricevuto la nomination ai Nastri d’Argento quale miglior attore protagonista nel film Lavorare con lentezza e nel 2016 ai David di Donatello quale migliore attore non protagonista nel film Alaska.
NOTE DI REGIA
di Valerio Binasco e João Carvalho Aboim
Paura e desiderio, amore e possesso, violenza e repressione, ossessione e crimine. Sono queste le passioni che dominano questo spettacolo, che le rappresenta “a sangue freddo” sia nelle situazioni intime che nelle loro conseguenze sociali. È una storia di misteriosi omicidi; un thriller, un’indagine su un un crimine e un intreccio pieno di suspense. E soprattutto, uno strano triangolo fra Cardillac, sua Figlia e un Ufficiale. Cardillac è un artista che vive completamente immerso nel suo lavoro, ma anche un uomo ossessivo e compulsivo, con un irrefrenabile e radicato bisogno di possesso. La sua creatività artistica, che travalica la sua percezione della realtà, è al servizio di un profondo desiderio di bellezza e perfezione nella creazione delle sue opere, ma egli è allo stesso tempo convinto di essere l’unico degno di apprezzarle come meritano. Il suo impulso ad essere il solo padrone delle sue creazioni è l’aspetto dominante della sua personalità, che lo condurrà presto ad uccidere i suoi clienti, al fine di riprendere possesso delle sue opere. Riesce a nascondere agli altri questo suo istinto per moltissimo tempo: chi progetta e compie questi assassinii seriali rimane spesso a lungo sconosciuto. Le sue opere d’arte sono ammirate da tutti, è considerato l’orefice più dotato di Parigi e pertanto è ritenuto da chiunque (come sovente accade agli artisti) innocente a priori. Le atroci conseguenze dei suoi crimini gettano la città in uno stato di isterica aggressività nata nella paura. Servirà un atto di amore per ribaltare questa situazione. Attraverso questo amore si avrà la risoluzione del mistero, ma non senza dolore e violenza. Cardillac è morbosamente legato ai suoi gioielli più che alla sua stessa figlia, che vive sola con lui e lo aiuta nel lavoro, ignara dei suoi crimini. Sono molte le vittime in questa storia, ma nessuna con la continua sofferenza interiore della figlia di Cardillac, il cui amore per il padre è più grande della sua capacità di vedere e giudicare i comportamenti di quest’ultimo. Essa deve lasciarlo per vivere la sua vita con il suo innamorato, ma al contempo non sembra riuscire a vivere senza suo padre. L’amante della figlia, l’Ufficiale, è capace di intuire il rapporto morboso della sua amata col padre, ma da uomo da azione qual è, cerca di risolvere il nodo diventando l’antagonista ‘sentimentale’ di Cardillac, sostituendosi a lui nel cuore della figlia. Il suo amore per lei spezza le catene della prigione in cui ella si sente intrappolata, ma la rivalità tra questi due maschi dominanti porterà alla tragedia finale. Un disgraziato Commerciante d’oro diventa un testimone dell’istinto omicida di Cardillac, ma alla fine è vittima della folla. Anche la folla in quest’opera è animata da un irresistibile desiderio di giustizia sommaria. Il nostro spettacolo non è ambientato in una Parigi riconoscibile, ma in una città moderna qualsiasi. L’opera inizia con uno dei crimini commessi dal protagonista, e subito vediamo la propensione comune alla violenza dopo che il terrore si è radicato nella folla e siamo testimoni di cosa la paura possa causare nei cittadini. La relazione tra la paura della massa e le conseguenze che essa ha sulle strutture sociali della città è evidente quando la popolazione prova a cercare un capro espiatorio, per farsi giustizia da sola, con una inevitabile escalation di violenza. Violenza possibilmente vissuta in maniera similare da Hindemith quando compose quest’opera nel 1926, immerso nell’aria di una Germania socialmente instabile, alle prese con le catastrofiche conseguenze della sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e l’ascesa del nazismo. Il rapporto fra il Comandante della prévôté, la polizia e la folla dipingono perfettamente questo scenario, mostrando la struttura sociale di un mondo industrializzato, che vive nel terrore e nella disperazione di una minaccia imminente. La Dama e il Cavaliere ci offrono una “storia nella storia” nel primo atto e una solida motivazione per uno degli omicidi di Cardillac, dando un esempio di come essi avvengano e dei motivi che si celano dietro di essi. Il punto cruciale di questa storia è riposto nelle domande che sorgono spontanee. Alcune sono le stesse che si pongono la Figlia e l’Ufficiale nel terzo atto. Perché il desiderio di possesso di quest’uomo lo induce ad uccidere? Come possono essere connesse paura e desiderio? Come può la morte essere la molla che sta dietro le nostre fantasie e il desiderio di pericolo la forza che attira verso questi sentimenti? Cardillac ci consegna un enorme materiale per riflettere su queste domande e ci lascia sospesi nell’oscurità dei misteriosi motivi psicologici che portano alla brutalità di questi crimini. La bellezza dell’arte di Cardillac, in parallelo con la sua deviazione psicologica, lo rendono un killer unico, non quello che comunemente troviamo nella maggior parte dei thriller. Quest’uomo è un artista ed è riconosciuto e ammirato come tale, più di ogni altro suo collega. La sua dedizione alle sue opere d’arte fa nascere un’assoluta immersione nelle sue personali ossessioni. La ricerca della perfezione artistica lo distingue dal resto del mondo. È possibile osservare Cardillac attraverso vari aspetti, non solo attraverso la lente d’ingrandimento di un investigatore o, nel tentativo di avvicinarsi biograficamente a Hindemith, attraverso la dicotomia tra l’artista incompreso e il suo inevitabile anacronismo sociale. Ma l’essenza di questa storia è quella di un thriller puro, dove amore, desiderio, ossessione, venerazione, paura e morte formano un cerchio che porta a conseguenze terribili.