Pietroburgo, febbraio 1917. Il potere zarista è stato abbattuto. La rivoluzione borghese è in corso. Il governo Kerenskij alterna incertezze e iattanza, fra corruzione, servilismo e passi falsi. Mentre il proletariato è sempre più oppresso e sfruttato. In aprile arriva Lenin in treno dall’esilio svizzero e l’organizzazione del proletariato comincia a svilupparsi. Si prepara la difesa popolare della città contro le truppe antirivoluzionarie del generale Kornilov. In ottobre le guardie rosse si stringono intorno al Palazzo d’Inverno. La rivoluzione bolscevica si prepara alla vittoria definitiva. Si scatena l’assalto finale. Nato per commemorare il decimo anniversario della rivoluzione d’ottobre (non fu il solo, ce ne furono altri tre: La fine di San Pietroburgo di Vselowod Pudovkin, Mosca nell’Ottobre di Boris Barnet, La grande via di Ester Sub), il film di Ejzenstejn godette di totale autonomia per ricostruire in forma documentaria i momenti decisivi della rivoluzione sovietica. Al regista vengono messi a disposizione ingenti mezzi, anche militari, incluso il celebre incrociatore “Aurora”, la disponibilità dei luoghi teatro degli avvenimenti, in particolare il Palazzo d’Inverno, oltre a migliaia di comparse fra cui numerosi volontari combattenti che avevano partecipato e vissuto l’insurrezione, e quando servì un flusso eccezionale di energia elettrica, la città fu lasciata al buio per non interrompere la lavorazione. Ma Ejzenstejn è ben lontano dall’idea di confezionare un prodotto enfatico e celebrativo come il regime si attende. Il suo è un film dalla intensa carica intellettuale, basato su un folgorante virtuosismo visivo costruito con la tecnica da lui stesso studiata e teorizzata del montaggio, inteso non come collegamento, ma come contrasto di inquadrature e come mezzo volto ad accentuare l’ interiore espressività e a trasmettere emozioni e idee. Lo spettatore viene messo alla prova avvolto dal frenetico scorrere delle immagini che evocano l’esplosivo processo di liberazione dalla stato di arretratezza economica e repressione con le drammatiche fasi che hanno accompagnato la nascita del nuovo stato russo, dall’arrivo di Lenin (interpretato dall’operaio Wassili Nikandrow) il 16 aprile alla stazione finlandese Petrograd, alla sollevazione popolare di luglio che invoca le dimissioni del governo provvisorio, la nomina di Kerenski a capo del governo, il tentativo di colpo di stato controrivoluzionario guidato dal generale Kornilov fino all’assalto delle forze rivoluzionarie al Palazzo d’Inverno, la conquista da parte dei bolscevichi della città e degli uffici governativi senza spargimento di sangue, l’arresto dei membri del governo provvisorio e la formazione del congresso sovietico dei rappresentanti dei contadini, dei lavoratori e dell’esercito guidato da Lenin. Insomma I dieci giorni che sconvolsero il mondo, come titola il libro di John Reed, testimone diretto degli eventi, da cui il film pende spunto. Un capolavoro, un pilastro della storia del cinema che però non piacque al regime. Che sottopose Ottobre a una sorta di linciaggio, accusandolo di sperimentalismo, irrealismo, estetismo gratuito, compiacimento estetizzante, costringendolo a pesantissimi tagli (più di 30 minuti), con l’eliminazione di tutte le scene che vedevano la presenza di Trotskij e Zinovev, nel frattempo caduti in disgrazia, prima della prima il 14 marzo 1928 al teatro Bolshoi di Mosca.