Fresco, capriccioso, gradevole: è l'Elisir d'amore con la regia di Pier Francesco Maestrini e le scene di Juan Guillermo Nova che evidenzia gli spunti comici e surreali trasformando la vicenda di Nemorino, Adina e Dulcamara in una storia americana anni '70. I contadini del libretto sono dei rednecks, il povero Nemorino è un ragazzotto che gira in costume giallo da pollo per fare da réclame all'Adina's road food, dove lei e Giannetta indossano camicie a quadri annodate invita e shorts di jeans. A movimentare la vita di provincia arriva Dulcamara su una Buick rossa anni '60 con le sospensioni molleggiate: da cialtrone consumato e simpatico, grassoccio e vestito di bianco con un gran sigaro, è il prototipo del venditore porta a porta, mentre il rigido Belcore è a cavallo tra la caricatura del poliziotto irlandese panciuto e il sergente istruttore dei marines, con pizzetto volitivo e ray-ban a goccia. Le caratterizzazioni dei personaggi rendono l'opera divertente, godibile e di comprensione immediata e piacevole per tutti.
L'elisir d'amore
Opera lirica in due atti
Libretto di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti
Prima rappresentazione: 12 maggio 1832 al Teatro della Cannobiana, Milano
ATTO I
Affaticati dal lavoro nei campi, i mietitori e la contadina Giannetta riposano all’ingresso della fattoria di Adina; questa sta leggendo in disparte mentre il timido Nemorino, di lei innamorato, la osserva da lontano. Un rullo di tamburi annuncia l’arrivo di un drappello di soldati capitanati da Belcore, un sergente così sfrontato da chiedere immediatamente la mano di Adina. La ragazza temporeggia e a Nemorino, che ancora una volta le ribadisce tutto il suo amore, si dichiara troppo volubile per legarsi a un solo uomo. Poco più tardi compare nel villaggio il Dottor Dulcamara, venditore di un miracoloso elisir capace di guarire ogni malanno. L’ingenuo Nemorino ne approfitta per chiedere un filtro che desti l’amore di Adina ma Dulcamara, che in realtà è un ciarlatano, gli vende del semplice bordeaux, assicurandogli effetti sorprendenti dopo un giorno soltanto. Bevuto il vino e certo del suo successo, Nemorino comincia a trattare Adina con sufficienza. La ragazza, indispettita da questo nuovo atteggiamento, decide che sposerà Belcore quella sera stessa. Nemorino, disperato, supplica inutilmente l’amata di rimandare le nozze al giorno successivo, quando l’elisir avrà finalmente effetto.
ATTO II
All’interno della fattoria sono in corso i festeggiamenti per il matrimonio. Nemorino, per accelerare l’effetto dell’elisir, vorrebbe acquistarne un’altra bottiglia; non avendo di che pagarlo è costretto ad accettare il consiglio prontamente suggerito da Belcore: farsi soldato e ottenere venti scudi. Nel frattempo le contadine, appresa la notizia della morte dello zio di Nemorino e dell’immensa eredità destinata al nipote, cominciano a corteggiare il ragazzo, destando la gelosia di Adina. Finalmente la ragazza si accorge di amare Nemorino e, dopo aver riscattato il contratto di arruolamento, gli dichiara il suo amore. A Belcore non resta quindi che rimettersi in cammino con la sua guarnigione mentre Dulcamara attribuisce il lieto fine alla formidabile virtù del suo elisir.
GAETANO DONIZETTI
Nasce a Bergamo il 29 novembre 1797. Di umili origini, riceve i primi insegnamenti musicali alle Lezioni Caritatevoli di Musica di Giovanni Simone Mayr. Dopo un periodo di perfezionamento al Liceo Musicale di Bologna, esordisce nel 1818 con Enrico di Borgogna, per la riapertura del Teatro San Luca di Venezia. Nel 1822 diviene direttore del Teatro San Carlo di Napoli, ruolo che deterrà fino al 1833. Sono anni di frenetica attività compositiva, testimoniati da capolavori come Anna Bolena (1830), L’elisir d’amore (1832), Lucrezia Borgia (1833), Lucia di Lammermoor (1835), Maria Stuarda (1835), Roberto Devereux(1837). Nel 1835 Gioachino Rossini lo invita a Parigi, dove debutta al Théâtre Italien con Marin Faliero: è la consacrazione internazionale e l’inizio del prolifico legame con la capitale francese per cui compone anche La Fille du régiment (1840) e Don Pasquale (1843). L’8 aprile 1848, reso folle dalla sifilide, muore a Bergamo.