Stagione 2014/2015
Opera

Il Campiello

DI ERMANNO WOLF-FERRARI

È la piazza veneziana, il campiello, il reale protagonista dell'opera. L'arrivo di un giovane squattrinato mette in crisi l'equilibrio dei personaggi: vedove desiderose di risposarsi, figlie in età da marito e fidanzati particolarmente gelosi. Tra i riferimenti musicali a Mozart e al Verdi di Falstaff, un divertente e malinconico omaggio di Ermanno Wolf-Ferrari al suo amato commediografo veneziano: «I personaggi di Goldoni me li portavo dietro, a casa, nella mia fantasia di fanciullo. E a casa, col mio teatrino di burattini, me li facevo vivere, rifacevo Goldoni. La passione viene da lì. C’era già nella mia anima Goldoni, e c’era già la musica».

Il Campiello
Commedia lirica in tre atti
Musica di Ermanno Wolf-Ferrari
Libretto di Mario Ghisalberti, dalla commedia Il Campiello di Carlo Goldoni
Nuovo allestimento in coproduzione con Fondazione Teatro Verdi di Trieste.

Sopratitoli in italiano (adattamento dell'originale in veneziano) e inglese.

Durata complessiva: 2 ore.
L'opera è eseguita senza intervallo.






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Artisti

Direttore
Francesco Cilluffo

Regia
Leo Muscato

Scene
Tiziano Santi

Costumi
Silvia Aymonino

Luci
Alessandro Verazzi

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Gasparina
Alessandra Marianelli

Lucieta
Diana Mian

Gnese
Barbara Bargnesi

Zorzeto
Alessandro Scotto di Luzio

Orsola
Patrizia Orciani

Donna Cate
Cristiano Olivieri

Donna Pasqua
Luca Canonici

Anzoleto
Filippo Morace

Cavalier Astolfi
Clemente Antonio Daliotti

Fabrizio dei Ritorti
Luca Dall’Amico
ATTO I

È mattina in un campiello veneziano. La leziosa Gasparina, stanca di restare sempre chiusa in casa, spera di sposarsi presto; ha infatti già messo gli occhi sullo squattrinato Cavaliere Astolfi alloggiato nella vicina locanda. Egli dalla sua terrazza scorge però Lucieta, uscita sul balcone in attesa dell’amato merciaio Anzoleto, e ne resta invaghito. Anche Gnese fa breccia nel cuore del Cavaliere e la invita a prendere quanto preferisce dall’assortimento di Anzoleto. A questo scopo il merciaio entra quindi da Gnese, provocando così la gelosia di Lucieta. Intanto la vecchia Dona Pasqua e Orsola, madri rispettivamente di Gnese e di Zorzeto, valutano la possibilità di far sposare i loro figli. Quando Anzoleto scorge Zorzeto entrare in casa di Lucieta per donarle un fiore (da parte di Gnese, in realtà) ne nasce una vivace discussione. Dopo che tutti si sono ritirati, il Cavaliere e Gasparina si incontrano in strada, con la promessa di rivedersi presto.

 
ATTO II

Fabrizio dei Ritorti, zio di Gasparina, è disturbato dal costante chiasso del campiello. Compaiono Anzoleto e il Cavaliere Astolfi e, dopo che il primo dona un anello di fidanzamento a Lucieta, il secondo invita tutti alla locanda per festeggiare. Gasparina, che non vuole mescolarsi a gente tanto umile, rifiuta sdegnata. Dopo pranzo il Cavaliere, venuto a conoscenza delle ricche finanze di Fabrizio, gli chiede in sposa la nipote. Nel campiello intanto continua la baldoria, con brindisi e danze sempre più sfrenate.

 
ATTO III

Fabrizio, che stremato dalla troppa confusione è in procinto di traslocare, si ritira con il Cavaliere per discutere della dote di Gasparina. Intanto le schermaglie, con tanto di ceffoni e sassate, tra il geloso Anzoleto e Lucieta, finiscono per coinvolgere tutto il vicinato. Gli animi vengono rasserenati dall’invito a cena del Cavaliere, desideroso di festeggiare le sue imminenti nozze. Infine Gasparina, pronta a lasciare Venezia con il marito, saluta l’amato campiello.
ERMANNO WOLF-FERRARI

Nasce a Venezia il 12 gennaio 1876 ed è incoraggiato dal padre, il pittore tedesco August Wolf, agli studi artistici e musicali; frequenta infatti l’Accademia di Belle Arti di Roma e l’Akademie der Tonkunst a Monaco. Nel 1899, a Venezia, ottiene il primo riconoscimento pubblico con l’oratorio La sulamita; ma l’anno successivo l’esito infelice della fiaba musicale Cenerentola lo spinge a trasferirsi nuovamente a Monaco. Per questa città firma Le donne curiose (1903), I quattro rusteghi (1906) e l’intermezzo Il segreto di Susanna (1909), lavori in cui appaiono già evidenti i legami con Goldoni e Mozart, riferimenti costanti nella sua produzione. Dopo un lungo periodo di inattività a seguito dello scoppio della Grande Guerra, compone la simbolista Sly (1927), La vedova scaltra (1931) e Il campiello (1936), ulteriori omaggi all’amato commediografo veneziano.

 
Francesco Cilluffo

Nasce a Torino nel 1979 e qui si diploma in direzione d’orchestra e composizione presso il Conservatorio Statale Giuseppe Verdi. Laureato in storia della musica al DAMS, frequenta un master alla Guildhall School of Music & Drama e un dottorato al King’s College di Londra, perfezionandosi nel frattempo con Gianluigi Gelmetti e Iván Fischer. Tra i suoi ultimi impegni si ricordano: Der König Kandaules al Teatro Massimo di Palermo, Il trovatore a Lecco e in altre storici teatri lombardi, L’Arlesiana al Teatro Perglesi di Jesi, Tancredi nei teatri del Circuito Lirico Lombardo, La cambiale di matrimonio al Teatro Regio di Parma, Il barbiere di Siviglia al Teatro Carlo Felice di Genova. È inoltre compositore e in questa veste firma vari brani strumentali e le opere Il caso Mortara ed Edward II.

 
Leo Muscato

Nasce a Martina Franca e studia Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. Dopo essere entrato nella compagnia di Luigi De Filippo, nel 1997 vince il concorso alla Scuola d’arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Dal 2005 al 2008 è Direttore Artistico della Compagnia LeArt’-Teatro di Grottammare. Nel 2007 l’Associazione Nazionale dei Critici Teatrali lo premia come miglior regista e nel 2009 debutta nell’opera lirica con il dittico La voix humaine / Pagliacci per i teatri del Circuito Lirico Lombardo. L’anno successivo firma La bohème per il Macerta Opera Festivl e nel 2013 crea I masnadieri per il Festival Verdi di Parma e L’Africaine per il Teatro la Fenice di Venezia. A Firenze nel gennaio 2014 va in scena il suo Nabucco, vincitore del Premio Abbiati come miglior spettacolo.
NOTE DI REGIA

di Leo Muscato

 

Le bugie sono per natura così feconde, che una ne suole partorir cento.

(Carlo Goldoni)

 

Preparare uno spettacolo comporta sempre porsi una miriade di domande e sperare di scovare qualche risposta. A volte continuo a pormi domande anche dopo che il sipario è calato sull’ultima recita. Scartabellando fra gli appunti presi in questi mesi, mi accorgo che tantissime domande hanno a che fare con la ricerca di un’autenticità. Forse dipende dal fatto che questa volta, al centro del lavoro c’è l’autore italiano che più ha influenzato il mio teatro.
Goldoni è uno di quegli autori a cui mi rivolgo ogni volta sento l’esigenza di interrogare il mondo che mi circonda. Sembra un ossimoro, ma non lo è. Perché il suo teatro ti prende per mano e ti accompagna in mondi piccoli e semplici che non riusciresti mai a vedere se non te li mostrasse lui. In realtà non te li mostra. Crea delle situazione e delle relazioni che evocano mondi piccoli e credibili, e tu hai la sensazione di spiarli dal buco della serratura. Un po’ come accade coi racconti di Carver e le tele di Hopper.
È facile capire come Wolf-Ferrari sia stato così affascinato dalla figura di Goldoni. Ha composto ben cinque opere dai suoi testi. Il Campiello è l’ultima.
Nel testo ciascun personaggio incarna un aspetto caratteriale immediatamente riconoscibile, retaggio di quelle maschere che lo stesso Goldoni aveva bandito con la sua riforma.
Il Campiello del titolo è una piccola «piazzetta, di quelle che per lo più sono attorniate da case povere e abitate da gente bassa». Il microcosmo che lo abita è prettamente femminile. Ci sono tre madri, tutte e tre vedove: una “chiacchierona”, una “pappamolla” e l’altra inconsapevolmente “puzzolente” di frittura. Due di loro, che Wolf-Ferrari trasforma in personaggi en-travesti, sono in cerca di un nuovo marito. Entrambe hanno lo stesso problema: non possono sposarsi se prima non maritano le figlie. E qui subentrano i problemi, perché le due ragazze hanno dei caratteri impossibili. La figlia della chiacchierona è una specie di iena che dà filo da torcere a tutti; è polemica, impulsiva e umorale. La figlia della pappamolla, invece, è talmente timida che fa fatica anche solo ad alzare lo sguardo da terra: dipendesse da lei, non uscirebbe mai di casa.
I candidati per queste fanciulle sono due ragazzotti ancora più buffi di loro. Il primo è un ciccione arrogante, burbero e un po’ molesto, innamorato della iena: le scintille che scateneranno insieme, animeranno gli umori di tutto il campiello. Il secondo, destinato alla ragazza timida, è il figlio della “frittolera”. È un ragazzino pauroso, ingenuo e credulone; ma siccome è un bel fusto alto più di un metro e ottanta, il suo stupore rischia di sembrare un po’ stupidità.
Nel campiello, da qualche giorno, sono venuti ad abitare dei forestieri, e gli autoctoni sono tutti uniti e solidali nel difendere questo loro microcosmo, come fosse minacciato da chissà quale pericolo.
Fra i forestieri c’è un Cavaliere furbacchione, una specie di dandy ante litteram. È un giovane nobile decaduto, un avventuriero che ha girato il mondo sperperando tutto il suo patrimonio. Nonostante ora sia senza un soldo in tasca, continua a spendere soldi che non ha.
Da qualche giorno nel campiello è arrivato anche un vecchio dispettoso, uno che si è arricchito con le sue continue vincite al lotto. Finge di essere impegnato in letture colte, invece non fa altre che spulciare manuali sul gioco d’azzardo.
E in ultimo, ma non per ultimo, Gasparina, la nipote dell’arricchito. È una giovane e bellissima ragazza “alla moda”, che per sembrare più colta e raffinata di quanto non sia, parla in un modo buffissimo: al posto della S pronuncia la Z, e ciò suscita ilarità in tutti coloro che l’ascoltano.
I caratteri e l’ambientazione creati dalla penna di Goldoni restituiscono un affresco settecentesco di disarmante meraviglia e incontenibile ironia. E l’opera di Wolf-Ferrari asseconda ed esalta questi umori. Ma non si limita a questo: la musica affonda gli artigli anche nella malinconia sottotraccia già insita nel testo. Il compositore era perfettamente consapevole che l’essenza del genio si nasconde nella sua inquietudine; ma qualificare Goldoni soltanto come genio insuperabile, non sarebbe bastato a renderlo vivo. Occorreva renderlo “necessario” ai nuovi spettatori a cui si rivolgeva. Nonostante l’ambientazione settecentesca, la sua musica rende l’opera decisamente novecentesca. Ed è stato quest’anacronismo a suggerire la chiave da utilizzare per aprire “le segrete” di tanta meraviglia: rendere necessarie al pubblico di oggi, le opere che Goldoni e Wolf-Ferrari produssero per i loro rispettivi spettatori. E questo imponeva di continuare a inseguire un’idea di teatro che comporta regie invisibili, regie che si fidano e affidano alla drammaturgia esistente, senza sovrapporne necessariamente un’altra. Ed è un concetto che non c’entra niente con l’ambientazione, perché in un’opera sono tre le date da cui non si può prescindere: quella d’ambientazione della vicenda, quella in cui l’opera è andata in scena per la prima volta, e quella del debutto nella nostra edizione. Tre date che, nel caso dei classici, corrispondono spesso a tre momenti storici diversi di cui tenere conto. Tutti e tre importanti, ma di solito il regista si trova a focalizzare la sua attenzione su uno di questi momenti. Esempi? Optare per una versione storicizzata della vicenda offrendo un affresco dell’epoca narrata? Ambientare l’opera nella data voluta dall’autore, ma provare a raccontare i nessi con il momento storico in cui lui viveva e che non poteva esplicitare per problemi di censura? Basti pensare alle opere con tematiche risorgimentali che Verdi fu costretto ad ambientare in terre ed epoche lontane. E in queste circostanze, cosa fare? Ricollocare le vicende nell’epoche volute dai compositori? O, nel caso l’autore abbia ambientato la storia nella sua epoca contemporanea, immaginare una drammaturgia scenica che ricollochi l’opera nella nostra contemporaneità? Ancora: conviene abitare un luogo naturalistico, o reinventarne uno più astratto e quindi più evocativo?
Poche domande, le cui risposte a volte possono pretendere mesi di studio. E non è detto che le domande siano giuste.
Ma nell’opera lirica è necessario fidarsi e affidarsi anche della musica, perché molto spesso è lì dentro che si nascondono le risposte che cercavi.
In questo caso, per la prima volta nella mia vita, l’intuizione è arrivata al primo ascolto dell’opera, ormai quasi un anno fa. Mi è bastato un secondo ascolto per avere la certezza che l’idea non fosse peregrina. E al terzo, mi rendevo conto che non avrei potuto mettere in scena quest’opera in maniera diversamente. Non ora.
La trasformazione doveva essere la chiave di volta di questo lavoro. Da qui la scelta di ambientare il nostro spettacolo in tre epoche diverse: quella di Goldoni, quella di Wolf-Ferrari e la nostra. Il vero protagonista di questa storia è proprio il campiello, “personaggio” vivo e mutevole che vede scorrere i secoli sui propri muri, nelle calli, sui ponti, nei canali. Cambiano gli usi e i costumi, ma i personaggi conservano gli stessi caratteri tratteggiati da Goldoni. Perché possono cambiare le epoche, le mode, le culture, ma non cambiano i sentimenti di fondo e le urgenze primarie degli esseri umani.
Così il nostro campiello diventa “la parte per il tutto” di una Venezia che si trasforma, fino a diventare un enorme museo a cielo aperto, depredato da un turismo selvaggio, molto diverso dall’idea di viaggio e di scoperta insita nella vita stessa di Goldoni.
E nel nostro lavoro, il signor Carlo Goldoni è il testimone muto di questa trasformazione. La leggenda vuole che si mimetizzasse fra la gente del popolo e la osservasse da vicino per “copiarne” comportamenti, linguaggi, relazioni. E noi abbiamo deciso di dare valore a quest’aneddotica e ci siamo inventati la figura di un uomo taciturno che, attraversando i secoli, continua ad aggirarsi per i vicoli di questo campiello, ascoltando tutti senza rivelare nulla di sé. È una sorta di deus ex machina, che è lì per ricordarci che in teatro tutto è finzione. Ma se la finzione è autentica, può davvero aiutarci a comprendere meglio la realtà.
Date

Sab 4 ottobre, ore 20:30
Gio 2 ottobre, ore 20:30
Mar 30 settembre, ore 20:30
Dom 28 settembre, ore 15:30
Gio 25 settembre, ore 20:30

Prezzi
Platea 1 € 70
Platea 2 € 55
Platea 3 € 40
Palchi / Galleria 1 € 20
Galleria 2 € 15
Visibilità limitata € 10
La Biglietteria dell’Opera di Firenze è aperta solo in occasione degli spettacoli da un’ora prima dell’inizio degli stessi. La Biglietteria del Teatro Comunale è aperta per il servizio di prevendita dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 18.00.
Dove

Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Piazzale Vittorio Gui, 1
50144 Firenze

Dettagli e mappa
Ringraziamenti
Si ringrazia il ristorante Papero Rosso di Firenze per il prestito di alcuni elementi di attrezzeria.
Oltre il sipario
GUIDE ALL’ASCOLTO

25 settembre, ore 19.45
28 settembre, ore 14.45
30 settembre, ore 19.45
2 ottobre, ore 19.45
4 ottobre, ore 19.45

 
INCONTRI CON IL PUBBLICO

23 settembre, ore 16.00
Dal Campiello al Canzoniere toscano:
baruffe e sospiri, languori amorosi e pute da maridar
Conversazione-concerto a cura di Silvano Sanesi e Il Foyer
British Institute Florence
Lungarno Guicciardini, 9
Dettagli e mappa