Solo alla biglietteria dell’Opera di Firenze uno sconto del 50% alle donne che vorranno assistere in platea a Dido and Aeneas / Le jeune homme et la mort di domenica 8 marzo.
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Intervallo
Dido, Queen of Carthage
Josè Maria Lo Monaco
Nel suo palazzo di Cartagine, la regina Didone è turbata. La sorella Belinda ne indovina la causa in una nascente passione per Enea, principe ospitato a corte dopo la distruzione di Troia. L’uomo, ora alla presenza della regina, le dichiara i suoi sentimenti; le ultime resistenze di Didone sono vinte, mentre il coro inneggia ad Amore e Beltà.
La maga, nella sua grotta, medita un piano per distruggere Cartagine: un temporale costringerà i due amanti, ora impegnati in una caccia, a rientrare a palazzo mentre un folletto, sotto le sembianze di Mercurio, inviterà Enea ad abbandonare Didone. Quando nel bosco si sentono i primi tuoni, tutti si dirigono verso il palazzo. Enea è invece bloccato dal finto Mercurio che gli intima, su ordine di Giove, di abbandonare Cartagine e riprendere il suo viaggio. A malincuore, decide che partirà la notte stessa.
Soddisfatta dell’imminente partenza dei Troiani, la maga si ripromette di continuare a perseguitarli anche in mare, scatenando una tempesta. Enea, che pur di disobbedire a quello che lui crede un ordine divino vorrebbe restare, è cacciato da Didone. La regina non può infatti tollerare che, anche se solo per un momento, abbia pensato di lasciarla. Partito Enea, muore tra le braccia di Belinda. Sulla sua tomba compaiono allora i Cupidi, invitati dal coro a spargere rose e a vegliare sull’anima di Didone.
Nasce probabilmente a Londra il 10 settembre 1659 ed è introdotto alla musica dal padre, maestro del coro dell’Abbazia di Westminster e dallo zio, liutista di corte. La prima composizione a lui riferibile con certezza, un’ode del 1670 per il compleanno del Re, già testimonia il fruttuoso legame che manterrà per tutta la vita con le celebrazioni della corte inglese e che lo porta a scrivere, tra l’altro, la famosa Music for the Funeral of Queen Mary(1695). L’attività per il teatro prende invece avvio nel 1680 con le musiche per il dramma Theodosius e giunge a piena maturazione nei capolavori Dido and Æneas(1689), King Arthur (1691), The Fairy Queen (1692) e The Tempest (1695). Organista dell’Abbazia di Westminster dal 1679 e della Cappella Reale dal 1682, si spegne a Londra il 21 novembre 1695.
Diplomato in violino e pianoforte con il massimo dei voti, dal 1995 al 2012 è primo violino concertatore e direttore dell'Accademia Bizantina di Ravenna, ensemble specializzato in musica antica. Docente di violino barocco presso l’Accademia Internazionale della Musica di Milano e il Conservatorio “Dall’Abaco” di Verona, Stefano Montanari è anche direttore d'orchestra e ospite regolare del Teatro Donizetti di Bergamo, La Fenice di Venezia, l'Opera di Lyon, Opera Atelier di Toronto e il Teatro Massimo di Palermo.
Dopo il diploma in Regia alla Scuola d'Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano, dal 1980 al 1992 è aiuto regista stabile presso il Teatro alla Scala di Milano; collabora con Liliana Cavani, Eimuntas Nekrošius, Ferzan Özpetek, Graham Vick, William Friedkin, Luca Ronconi, Roberto De Simone, Giorgio Gallione, Antonio Albanese ed è responsabile del riallestimento di tutte le produzioni di Giorgio Strehler. Tra gli spettacoli di cui cura la regia, la prima italiana di Das Berliner Requiem di Kurt Weill per il Maggio Musicale Fiorentino 1996, La Bohème di Giacomo Puccini che inaugura nel 2000 la stagione del Teatro San Carlo di Napoli, Rigoletto di Giuseppe Verdi per il Teatro Petruzzelli di Bari nel cortile di Palazzo Svevo nel 2001,L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti al Teatro Regio di Torino nel 2010, Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart nella stagione 2011-12 al Teatro Lirico di Cagliari,Dido and Aeneas di Henry Purcell al Teatro Ristori per la stagione invernale 2013 dell’Arena di Verona.
La storia di Didone ed Enea è una storia emblematica di amore, potere, e abbandono. Una storia che attraversa i secoli, le genti, le nazioni ed arriva intatta a noi, nella sua agghiacciante verità. Immagino Didone regina di Cartagine, come una donna potente, intelligente, forte nella gestione della rete degli affari pubblici ma estremamente fragile nella relazione privata. Enea è un eroe troiano, Enea arriva da fuori, dal mare, è lo straniero coraggioso, intrigante, diventa l’apparente possibilità per Didone di amare veramente, al di fuori delle ragioni di stato. Ma l’amore non appartiene alla sfera pubblica, l’amore non è civile, non soggiace alle regole se non a quelle dell’istinto e del cuore. Didone non può, ma soprattutto non vuole, rinunciare al suo stato di regina per aprirsi al sentimento amoroso quindi si faabbandonare e si dà la morte.
Ho pensato con Leila Fteita, ad una scena che raccontasse questo percorso drammaturgico: all’apertura di sipario vediamo un palazzo moderno costruito dentro e “sopra” delle rovine, delle colonne dal sapore di reperto archeologico. Si legge tra le righe, in questo che è il Palazzo di Didone, nella fusione tra elementi antichi e contemporanei, l’emblematicità e l’assolutezza della storia che andremo a raccontare, una storia avvenuta in un altro tempo ma che potrebbe essere il nostro.
Il Palazzo all’inizio è imponente, scuro, l’immagine del potere, l’abitazione di una donna importante, di una “regina”, ma allo stesso tempo un luogo impenetrabile agli influssi esterni, come un cuore chiuso all’amore e alla passione. Didone è votata solo ed esclusivamente all’esercizio del potere e della vita pubblica. Non vuole e non può farsi attraversare da sentimenti amorosi.
Nel I° Atto, la corte, gli amici e gli ospiti della sua casa, appariranno dalle finestre del Palazzo e nel lungo corridoio retrostante il piano terreno, come se partecipassero ad una festa in suo onore. Enea arriva quale ospite privilegiato e Didone, assecondando la forte richiesta del Coro, scioglie il suo cuore e accetta di condividerne il destino.
Il II° Atto, prima scena, la “Grotta”, vedrà il Palazzo aprire un varco al centro; da questo antro oscuro appare La Maga col suo seguito. È il Palazzo stesso che mostra un primo cedimento. Un’altra donna, gelosa e invidiosa dell’amore di Didone, si mette di traverso. Il suo invocare forze ultraterrene ricorda le trame ordite da una rivale infelice. Un urlo orrendo precede la sua apparizione dentro un controluce abbagliante.
Nella seconda scena, il “Boschetto”, un altro pezzo del Palazzo si apre scoprendo un fondale di verzura. Didone si è lasciata sedurre dall’amore, danza con Enea sotto le fronde, in uno stato di ebrezza, per poche ore è la donna amata dal suo uomo dimentica del mondo e dei suoi doveri. Il Coro, gli amici che partecipano alla gita all’aperto, mangiano e bevono alla salute degli amanti. La brusca interruzione di un temporale in arrivo e della voce di Mercurio che “comanda” la partenza di Enea e dei suoi seguaci sconvolge completamente le speranze della regina.
L’Atto III° vede il Palazzo aprirsi completamente e quasi sprofondare nel mare. Il mare che si porta via l’eroe annega e dissolve ogni architettura e inghiotte l’infelice Didone.
Lo spettacolo racconta quanto sia impossibile per una donna abituata alle regole del potere abbandonarsi alle correnti dell’amore, farsi “preda”, lasciarsi condurre, perdersi nell’altro… Il Palazzo si sgretola e scompare a poco a poco durante lo svolgimento dell’opera, lasciando nel finale solo le nude colonne assorbite dal mare livido, mentre Didone suicida cammina verso l’orizzonte.