Pier Luigi Pizzi firma l'allestimento dell’Alceste di Christoph Willibald Gluck, proposto nel tricentenario della nascita del compositore (Erasbach, Baviera, 1714 - Vienna 1787). Già autore di tre famosi allestimenti dell’opera, nel 1966 a Firenze (versione italiana, con la regia di Giorgio De Lullo), nel 1984 a Ginevra (versione francese) e nel 1987 alla Scala (versione italiana), Pier Luigi Pizzi torna una quarta volta su Alceste, nella versione originale in italiano andata in scena al Burgtheater di Vienna nel 1767, per un allestimento coprodotto dalla Fondazione Teatro La Fenice e la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, di cui firma come d’abitudine regia, scene e costumi. La direzione è invece affidata a uno specialista del repertorio barocco, Federico Maria Sardelli, fondatore dell'orchestra barocca Modo Antiquo e responsabile del Vivaldi Werkverzeichnis (RV).
Alceste
Opera lirica in tre atti
Libretto di Ranieri de' Calzabigi tratto dall'Alcesti di Euripide
Musica di Christoph Willibald Gluck
Prima rappresentazione: 26 dicembre 1767 al Burgtheater di Vienna
Allestimento in coproduzione con Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
Versione originale in italiano, Vienna 1767
Artisti
Direttore
Federico Maria Sardelli
Regia, scene e costumi
Pier Luigi Pizzi
Luci
Vincenzo Raponi
Assistente all regia e movimenti coreografici
Francesco Marzola
Atto I
Nella piazza principale di Fera, città della Tessaglia, un banditore annuncia al popolo angosciato l’imminente morte del re Admeto. Evandro, confidente del re, esorta a offrire sacrifici agli dei e a consultare un oracolo. Compare Alceste, moglie di Admeto, con i figli Eumelo e Aspasia e, assieme al popolo, si reca al tempio dove il gran sacerdote e i suoi ministri hanno iniziato a invocare il dio e a offrigli sacrifici che vengono subito accolti. Il tempio s’illumina e l’oracolo di Apollo pronuncia il suo lapidario verdetto: “il re morrà, s’altri per lui non more”. Tutti fuggono tranne Alceste che, sbigottita e confusa, decide di offrire se stessa in cambio della vita del marito. Mentre la regina sta per allontanarsi dal tempio, Evandro e Ismene, confidente di Alceste, le annunciano che Admeto, ormai prossimo alla morte, ha chiesto di rivedere la sposa un’ultima volta. La regina decide quindi di tornare immediatamente alla reggia. Subito dopo la sua partenza, i sacerdoti e il popolo commentano gli ultimi accadimenti: nessuno ha il coraggio di offrire la propria vita per quella del re e tutti ignorano il voto di Alceste.
Atto II
Alceste decide di offrirsi alle divinità infernali in un bosco sacro, ma Ismene tenta di impedirglielo. Una volta allontanata la confidente, la regina s’inoltra nella selva, invoca le divinità sotterranee e, nonostante i loro avvertimenti, pronuncia il giuramento che la condanna a morte al posto di Admeto. Gli dei acconsentono, Alceste però ha un’ultima richiesta: poter abbracciare ancora una volta il marito e i figli prima di scendere nell’Ade. Intanto negli appartamenti di Admeto, si festeggia la sua inaspettata guarigione. Nel frattempo però Evandro rivela al re la sentenza dell’oracolo di Apollo confermandogli che qualcuno ha sacrificato la propria vita per la sua salvezza. Mentre Admeto elogia la generosità dell’incognito eroe, giunge Alceste col proprio seguito. Il re corre ad abbracciarla, ma si rende conto che è visibilmente turbata. Poco dopo, infatti, la regina rivela al suo sposo l’orribile verità. Admeto è sconvolto: rifiuta il sacrificio di Alceste, che ha anteposto il proprio amore ai doveri di moglie e di madre, e parte con Evandro per andare a consultare di nuovo l’oracolo, certo che il suo responso sia falso o male interpretato. Alceste, rimasta sola con Ismene e le proprie damigelle, sente la vita abbandonarla: chiede di abbracciare un’ultima volta i figli, li vota alla dea Vesta affinché li protegga e poi si congeda da loro per portarli lei stessa ad Admeto affinché se ne prenda cura.
Atto III
Al palazzo reale, Admeto riferisce a Evandro che l’oracolo di Apollo è rimasto muto e che lui non può a sua volta morire per la sposa: dovrà quindi rassegnarsi alla sua perdita. Mentre tutto il popolo, insieme al re, intona un commosso lamento, giunge Alceste che, prima di congedarsi, chiede al marito che in cambio del suo sacrificio non sposi mai un’altra donna e ai figli di prendersi cura del suo sepolcro. All’improvviso un gruppo di divinità infernali irrompe nel vestibolo: il tempo concesso è scaduto e Alceste deve recarsi negli Inferi. A nulla serve che Admeto si offra un’ultima volta in cambio della sposa o che cerchi di difenderla con la spada: Alceste viene portata via tra il dolore e la costernazione dei presenti. Il re, sconvolto e a stento trattenuto da Evandro e Ismene, decide di togliersi la vita per seguire la sua sposa, ma un improvviso bagliore appare tra le nubi. Apollo in persona scende dal cielo: gli dei hanno avuto pietà per la sorte dei due coniugi, e rendono la regina al suo consorte. Per ringraziare Apollo, il re ordina subito un sacrificio a chi ha voluto premiare l’amore dei due sposi.